martedì 9 ottobre 2012

I MEDIOCRI E IL MALAFFARE

La sorpresa e il disgusto verso l'accavallarsi di fatti che portano allo scoperto comportamenti al limite del penale, non è dovuto tanto all'evidenza del malaffare e alla sua entità, quanto piuttosto al malessere c he prende di fronte alla sfrontatezza con cui queste fattispecie si sono generate e protratte, al silenzio con cui sono state coperte e alla impudenza con cui il tessuto politico che le ha prodotte pretende l'immunità, impegnandosi in aleatorie promesse di palingenesi. Se si guarda bene l'andamento ciclico di queste emersioni del marcio, quello che desta sorpresa è la facilità con cui la gente dimentica ed è disponibile "a passarci sopra" rivelando il lato più drammatico della questione: la corruzione 'intrinseca' che anni e anni di soprusi, arricchimenti impropri e assalto a ogni elementare regola di convivenza, hanno indotto nella testa delle persone, come mitridatizzate da un veleno insidioso e silente che ha sconvolto parametri di giudizio e valori civili di fondo. Se tutto diviene possibile per chi detiene il potere, anche per chi è titolare di un potere minimo qualunque, o vi aspira giustificato dalle qualità dei vertici di organismi o istituzioni, troverà naturale comportarsi allo stesso modo: mettere i propri interessi, anche quelli meno confessabili, in cima alle priorità da perseguire, dando per scontato che "tanto così fan tutti", e dunque furbizia e giuste appartenenze garantiranno l'impunità. C'è poi un'altra questione che concorre a formare questo groviglio apparentemente inestricabile di avvitamenti al basso, ed è data dalla penosissima mediocrità che si è andata consolidando negli strati intermedi degli organismi di rappresentanza e nelle stesse istituzioni, come portato inevitabile dello scadimento dei primi livelli in posizione di responsabilità, dello smantellamento di ideali e passioni sociali, della banalizzazione mediatica e comunicativa: tutte derive che, in nome di una occupazione ostinata e imbelle dei gradini alti del potere, hanno spinto a selezionare incapaci e mezze tacche, purché fedeli, manovrabili e, possibilmente, di bella presenza. La melassa intermedia è persino più pericolosa, alla lunga, della gaglioffaggine o della incapacità dei capi, perché, quand'anche le periodiche purghe della magistratura riescano a liberarci di qualcuno di questi, mettendo magari nell'angolo anche altri pari grado assimilabili, tutti quelli che, più in basso, hanno beneficiato del sistema, e si sono distribuiti nei gangli operativi delle diverse istituzioni, continueranno a inquinare il campo, a riprodurre meccanismi e modelli operativi nefasti, maturando oltretutto la convinzione che, passata la buriana, tutto potrà continuare come prima. Una società di questo tipo avrebbe bisogno di una riforma profonda e di uno sfoltimento deciso di tutte le strutture di sottogoverno delle istituzioni nazionali e territoriali. Provate solo a pensare al settore sanitario, alla occupazione faziosa e molto spesso arrogante e incompetente in egual misura, con cui propaggini politiche, dalle pratiche devozionali ondivaghe e compromissorie, tutelano l'accesso alla salute dei cittadini tutelando in realtà interessi altri, carriere primariali dubbie per meriti e capacità, un sottobosco clientelare variegato e affamato. O anche alla distribuzione di incarichi per via amicale, su vincoli contratti in contesti che sarebbe persino vergognoso ricordare, se la vergogna fosse ancora virtù civile praticabile, con la conseguenza inevitabile di inefficienze di cui un paese all'onor del mondo avrebbe tutto il diritto di disfarsi, mentre è costretto a subire invece gli sberleffi dei beneficiari e gli "sfottò" increduli degli stranieri che ci guardano ormai come marziani incomprensibili. Provate ad aggiungerci l'ostinazione con cui la pubblica amministrazione tenta di riprodurre se stessa, i suoi vizi burocratici fonte e tutela della inefficienza più patetica, se non fosse anche ridicola, spesso, e irritante quasi sempre, con gli organismi di controllo sempre pronti a denunciare a posteriori, non volendosi accorgere che sono i processi che alimentano le disfunzioni; quegli stessi processi che garantiscono la loro permanenza e il loro potere. Nel regno delle mediocrità tutelate e benedette, anche la chiesa fa la sua parte, con esempi che sarebbe stato difficile immaginare tempo addietro, rafforzando la convinzione di molti che, anche su questo versante, un perdono non sia difficile trovarlo, avendo qualcosa da scambiare che sia apparentato al sacro, o a quello che come tale sia possibile contrabbandare. Rispetto a un quadro così degradato non ha molto senso perdersi solo in analisi sociologiche magari raffinate, in pensose dissertazioni culturali, in distinguo e accorte collocazioni su confini mobili di un buon senso senza nerbo. Molti autorevoli commentatori, e qualche guru improvvisato, ci hanno anestetizzato con queste pratiche asettiche: pii esercizi interpretativi ad uso di anime belle. Noi dobbiamo qualcosa di più dignitoso ai nostri figli e ai tanti giovani che maturano disorientamento e disprezzo. Vale la pena ormai non essere più indulgenti né corrivi. I mediocri vanno additati al pubblico disprezzo. Come meritano. Pier Luigi Celli--Pubblicato: 09/10/2012 09:00--su HuffPost

Nessun commento:

Posta un commento