lunedì 10 maggio 2010


Graziella Proto: donna e giornalista in terra di mafia
Il dire e il fare delle donne nella lotta alle mafie
Rosa Frammartino
Giuseppe Fava, il giornalista scrittore ucciso dalla mafia il 5 gennaio del 1984, le diceva sempre "…molla tutto e vieni con noi…" Noi, vale a dire " I SICILIANI " la rivista da lui fondata e diretta.
“... è una persona vera” dice uno studente del liceo Ariosto di Reggio Emilia, per descriverla dopo averla ascoltata. Graziella Proto, ospite del progetto “Percorsi di Cittadinanza & Legalità” promosso dal Consorzio “O. Romero” a marzo 2010 stimolata dal tema “Donna e giornalista in terra di mafia”, è un ciclone. I ragazzi e le ragazze di Reggio Emilia, affascinati, ascoltano dalla sua viva voce il racconto della sua esperienza di giornalismo militante. Un’esperienza difficile, importante, avventurosa, utile. L’antimafia non avrebbe potuto fare a meno del suo contributo. Nell’ottobre del 2007 è stata inserita, unica donna, tra i giornalisti minacciati dalla mafia (Venerdì di Repubblica).
Conclude l’incontro con i giovani, ma abbiamo ancora un po’ di tempo per conoscere meglio una donna che, ancora oggi, è protagonista di importanti pagine di giornalismo ed impegno antimafia.

Il tuo giornalismo parla di cose vere. Fatti, nomi e cognomi. Hai sempre pensato di fare la giornalista? Dove hai imparato?
Io sono biologa. Certamente l'incontro con Giuseppe Fava è stato determinante. Lui è stato un grande, mi ha spronato moltissimo, mi ha contagiato la sua passione per il giornalismo… facevo i miei esperimenti con le cavie negli stabulari dell'università e subito dopo ero in qualche sezione del Partito Comunista per intervistare i vecchi compagni… Ho imparato così, in una scuola di altissimo livello e con un maestro geniale.

La tua vita si è spesso intrecciata con mondi differenti: dal giornalismo all’impegno politico, dall’insegnamento alla ricerca scientifica. Come hai conciliato interessi in alcuni casi tanto distanti fra loro?
Facendo salti mortali come tutte le altre donne impegnate dentro e fuori casa; donne che amano la famiglia e contemporaneamente sono rapite da altro interesse, politico o professionale; convinte che si possa fare l'uno e l'altro. Sono una donna innamorata della vita; appassionata alle cose che faccio. Per ritagliarmi una parte di spazio dagli affetti e dai doveri sono stata in guerra tutti giorni. Mio marito innamoratissimo è stato il mio irriducibile nemico e, nel contempo, il mio più grande sostenitore. Pur non condividendo, è stata l'unica persona a rimanermi accanto tutte le volte che i problemi mi sommergevano e, intorno a me, si faceva il vuoto.

Com’è cambiata la tua vita da presidente della cooperativa “I Siciliani”?
L'esperienza de " I Siciliani " è stata meravigliosa, affascinante e tragica. Sono stata eletta presidente dopo la morte di Fava in un momento in cui le cose andavano malissimo - sia per le finanze che per la disgregazione del gruppo. Ero la più anziana; l'unica con un reddito, il mio stipendio e la mia dedizione alla causa li avevo già impegnati lì. Per finanziare il progetto, e fare uscire il giornale per cui Fava era stato ammazzato, giravo come una trottola per cercare alleati… amici... idee. Un impegno a 360 gradi non sempre apprezzato dai miei compagni di cordata. Quando arrivò il fallimento, la mia vita cambiò totalmente. Per anni ho combattuto una battaglia logorante con i tribunali, con i pregiudizi, i pettegolezzi, le maldicenze.

Da “I Siciliani” a “Casablanca”. Un modo coraggioso di usare la penna contro le mafie e le ingiustizie. Serve ancora? E tu, ti senti ancora di farlo?
Ho collaborato con Enzo Biagi, con Liberazione di Sandro Curzi che mi stimava tantissimo, Avvenimenti, Antimafia 2000 e tante piccole testate locali… ma avere un giornale intero a disposizione era ben altro: la scommessa di un nuovo mensile nel solco de "I Siciliani" era eccitante. Casablanca a Catania. Una rivista antimafiosa diretta, edita e gestita da una donna, perché no? Non mi sento di paragonare "I Siciliani" a "Casablanca", mi sa di blasfemo. Nel primo c'era Fava, il maestro, l'artista… Tuttavia bisogna dire che, oggi, a collaborare con Casablanca sono persone e professionisti plasmati da Giuseppe Fava e lo stile comunicativo lo rivela. Un’altra avventura entusiasmante, un giornale irriverente, ironico, allegro. Inchieste sulla mafia, cronaca e tante donne. Un ritratto al mese di grandi o piccole donne. Due anni di edicola in solitaria economia… problemi di quotidiana sopravvivenza. Se serve ancora scrivere contro le mafie? Sì. Anzi, oggi più che mai. La mafia ha cambiato da tempo fisionomia e caratteristiche. Le multinazionali sono un ottimo treno per far viaggiare il denaro sporco. Rifarei tutti i sacrifici che ho fatto ma, nel frattempo, sono diventata nonna e i miei nipotini si propongono come padroni assoluti del mio tempo.

(10 maggio 2010)

1 commento:

  1. Diamo il nostro sostegno ai coraggiosi giornalisti che rischiano nel parlare di mafia,e, difendiamo la libertà di stampa e la legalità.

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