giovedì 1 novembre 2012

“Nella scuola la speranza di riscatto del Paese"

“È un dramma che chi governa non creda più nella scuola pubblica. Significa pensare che davanti a noi non c’è un futuro che possiamo costruire”. Lei è una preside, è stata un’insegnante, cosa pensa delle discusse norme sulla scuola contenute nella Legge di Stabilità del Governo? Come ne escono gli insegnanti e la scuola pubblica italiana? In generale si ha la percezione che non si creda davvero che una buona scuola è la nostra vera possibilità di riscatto dal presente difficile. E questo è un dramma perché non credere nella scuola significa pensare che non c’è davvero davanti a noi un futuro che possiamo costruire. Diversamente un governo si impegnerebbe moltissimo in un sostegno ragionato alla scuola pubblica. Ragionato perché la crisi c’è e bisogna mettere in atto un’economia della sobrietà dei mezzi. Ma il sottotesto di molte dichiarazioni pubbliche dei nostri ministri ci racconta la convinzione che in fondo i ragazzi abbiano molte colpe. In realtà noi stiamo consegnando loro un mondo pieno di ingiustizie che facciamo finta di non vedere, un mondo che abbiamo costruito noi adulti. Se oggi i ragazzi hanno dei sogni sbagliati, e credo che spesso lo siano, tipo il sogno di essere famosi, di apparire, di essere ricchi e potenti, di non faticare, dobbiamo però dire che questo tipo di sogno lo abbiamo coltivato noi. Adesso si deve far sì che i ragazzi siano capaci di coltivare i loro sogni. E la scuola e la cultura servono a questo. A rendere i figli critici verso i loro padri, a fare meglio di noi. Noi abbiamo permesso cose tremende, e loro non devono farlo. Di quali cambiamenti o risorse necessita la Scuola? Ha bisogno di un contesto di persone che credono nella scuola. Nella scuola pubblica. Abbiamo avuto ministri dell’istruzione in perenne conflitto con gli insegnanti. Ma si può? E poi ci vuole un progetto di scuola che davvero favorisca la mobilità sociale, che non moltiplichi le disuguaglianze. Oggi tutte le ricerche ci dicono che la scuola fa da moltiplicatore delle disuguaglianze sociali. Chi è già bravo, perché viene da famiglie in cui ci sono risorse e cultura, va avanti, gli altri rinunciano. Se la scuola non dà opportunità a tutti, sono sempre i poveri a perdere. Poveri di cultura e di risorse. Ministro Gelmini e Ministro Profumo. Quale dei due è più vicino alla sua idea di Scuola? I tagli del ministro Gelmini sulla scuola sono stati nella sostanza privi di un disegno riconoscibile. Ad esempio è stata colpita la scuola primaria, che era nelle indagini internazionali una scuola di eccellenza, e non la scuola media, che invece risente di una crisi grave ormai da molti anni. Poi ha rivoluzionato i licei, ma anche qui senza che fosse chiaro l’intento. Un esempio: l’abolizione del laboratorio di fisica-chimica nell’indirizzo scientifico sperimentale. Finalmente molte scuole si erano attrezzate e avevano i laboratori, tutte le indicazioni internazionali dicono di favorire la didattica laboratoriale, e invece noi no. Sparito tutto. E poi lo snaturamento degli istituti professionali che con la loro articolazione in 3 anni (per la qualifica) più due (per la maturità) hanno dato per tanto tempo una possibilità a studenti che arrivavano incerti sulle loro capacità, non sicuri di poter continuare la scuola. E poi invece restavano e andavano all’università, o al lavoro ma con una qualifica. Non rimpiango il ministro Gelmini. Il ministro Profumo si è circondato anche di persone che hanno fatto cose splendide per la scuola, penso a Marco Rossi Doria che è sottosegretario. Ma il ministro conosce soprattutto l’università e non sempre ha dato l’impressione di saper difendere la scuola pubblica. Tanti suoi interventi sono stati estemporanei, una volta sull’orario di lavoro, un’altra sui concorsi. La scuola è una realtà delicatissima. I ragazzi sono ‘choosy’ secondo il Ministro del Lavoro Elsa Fornero. Lei che ne ha educati come insegnante moltissimi, ritiene che siano schizzinosi? Ho insegnato in un istituto professionale per venticinque anni, la realtà meno ‘choosy’ che si possa immaginare. I miei studenti lavoravano a partire dalla seconda, e facevano di tutto. Il problema non è questo. Il problema è cosa sognano. Sognano di essere ricchi e famosi. Dovrebbero sognare di essere felici, star bene, migliorare il mondo. Dovrebbero credere di poterlo fare. Come giudica la proposta dell’introduzione nell’ora di religione dell’insegnamento dell’Islam nelle scuole italiane? Amartya Sen ha scritto qualcosa che condivido profondamente: la scuola non può coltivare ed enfatizzare le differenti singole identità. Suona apparentemente bene “scuola cattolica”, “scuola musulmana”, “scuola laica”. Ma se fin da piccoli ci si riconosce esclusivamente o soprattutto in un’unica identità, domani ci aspetta la guerra. Perché non ci si conosce e noi temiamo ciò che non conosciamo. Ciascuno di noi è molte cose insieme, dice Amartya Sen. La scuola deve essere un laboratorio di convivenza delle differenze, perché così si costruisce la società comune.
intervista a Mariapia Veladiano di Mariagloria Fontana Mariapia Veladiano:scrittrice vicentina, teologa e preside, di cui è uscito in questi giorni il secondo atteso romanzo (“Il Tempo è un Dio Breve”, Einaudi) dopo il fortunato esordio con “La vita Accanto” (premio Italo Calvino 2010 e finalista al Premio Strega 2011).---MICROMEGA

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