Non è un paese per donne "Il nostro paese sottolinea a parole il valore della famiglia, ma non fa granchè per sostenerlo effettivamente..."
venerdì 5 ottobre 2012
La nostra piccola Guernica
Quando gli ufficiali nazisti videro Guernica, chiesero a Picasso: “Questo l’ha fatto lei?”. E Picasso rispose: “No, questo l’avete fatto voi”. Perfetto. Allo stesso modo se domani si deplorerà che qualcuno abbia messo mano ai forconi, non bisognerà andare a chiederne conto agli incazzati, agli umiliati, ai depredati, agli offesi, ma rivolgersi gentilmente ai signori Piazza, Fiorito, Polverini, Turano e agli altri migliaia e migliaia di campioni che hanno fatto saltare il tappo. Perché alla base di comportamenti tanto smaccatamente e arrogantemente criminali c’è una cosa sola, la vecchia massima del Marchese del Grillo: “Io so’ io e voi nun siete un cazzo”. E noi, che per storia e cultura stiamo dalla parte di chi “nun è un cazzo”, non vorremmo un domani trovarci a deplorare contriti un tragico passare alle vie di fatto, che forse in altri luoghi, in altre latitudini, in altri contesti meno ottenebrati, sarebbe già avvenuto.
Posteggiare la Jaguar al posto del disabile, e poi, quando quello chiama i vigili, aspettare che posteggi lui, scendere, procurarsi un oggetto aguzzo, chinarsi dopo aver guardato di qua e di là e tagliargli le gomme. Ecco: se riuscite a immaginare qualcosa di più stupido e cattivo vi danno la tessera onoraria del PdL.
Ora, naturalmente prendersela con il bucatore di gomme Antonio Piazza, presidente dell’Aler (edilizia residenziale) di Lecco (PdL, appunto), sembra troppo facile. Troppo facile: la stessa cosa che dicevamo ieri di Franco Fiorito, tritatore di fatture. Troppo facile, bersaglio grosso, come sparare sulle ambulanze. La stessa cosa che potremmo dire dei consiglieri comunali che si inventano una casa lontana per farsi rimborsare i chilometri di viaggio, oppure del farmacista di Sciacca nominato presidente di un parco una settimana prima che l’ente parco venisse istituito. O ancora del deliberare 800.000 euro di spese alle 23.40 del trenta agosto, dieci minuti prima di dimettersi (23.50 dello stesso giorno) come ha fatto il presidente della provincia di Trapani Girolamo Turano (Udc).
O ancora, e ancora, e ancora… basta sfogliare la margherita delle cronache locali, il rosario dei piccoli e grandi scandali, la miserabile cronistoria contemporanea del Paese. Certo, il presidente dell’ente di nomina politica che buca le gomme al disabile è imbattibile, sembrerebbe una barzelletta di Berlusconi. E il bello è che è una barzelletta di Berlusconi. Proprio come tutto il resto. Un impasto mefitico e a volte esilarante (se non siete il disabile, il precario espulso per far posto alla fidanzata del presidente, il contribuente truffato, il fruitore di servizio tagliato…) di impunità e arroganza, di giustificazioni puzzolenti, di facce come il culo, che rappresentano il sottoprodotto culturale di vent’anni di cultura dell’impunità.
Ora, chi legge questo giornale sa che la facile retorica sulla casta non ci piace. Che il grido ottuso del “non se ne può più”, per quanto innegabile, andrebbe un po’ articolato o almeno declinato politicamente. Che l’enorme vaffanculo grillino non ci convince almeno quanto la trita retorica che recita “né di destra né di sinistra” (che in italiano significa “di destra”). Ma insomma, se il motore dell’incazzatura generica e anche un po’ qualunquista ha ogni giorno a disposizione così tanta benzina, gentilmente fornita dalle gesta di cotanto potere e sottopotere, come fermare la marea? E soprattutto, perché fermarla?
Alessandro Robecchi – da “il manifesto”
(4 ottobre 2012)
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