Non è un paese per donne "Il nostro paese sottolinea a parole il valore della famiglia, ma non fa granchè per sostenerlo effettivamente..."
lunedì 24 settembre 2012
Serve un modello educativo che promuova il protagonismo dei giovani.
Altro che rivoluzione Profumo!
-La rivoluzione del Ministro Profumo: lavagne multimediali in tutte le aule, tablets per gli insegnanti del Sud, abolizione del registro personale, voti e comunicazioni alle famiglie on line. È sconfortante dover ribattere a proposte così incongrue per efficacia e per visione strategica: le lavagne multimediali non sono affatto arrivate e quando arriveranno faranno i conti con l’assenza di copertura wireless nelle aule che le renderanno inutilizzabili, dei tablets non c’è traccia, (peraltro questa dotazione per i docenti del Sud mi fa pensare ai pacchi dono post - bellici per i bambini poveri), e infine quella che ritengo la cosa più grave, l’idea che il rapporto con le famiglie si possa ridurre ad una comunicazione burocratica di un numero, che sia il voto o che siano le assenze. Se provassimo a mettere al centro i soggetti del processo educativo e formativo cioè i ragazzi e le ragazze penso che la prospettiva e le soluzioni apparirebbero con più chiarezza. Proverò a elencare, magari schematicamente, i nodi che secondo me sono ineludibili e lo faccio da insegnante di scuola media superiore e da dirigente di una associazione che si è data tra i suoi compiti quello di favorire la crescita culturale, la percezione della cittadinanza, il rispetto della legalità presso le nuove generazioni. Il mestiere di insegnante è particolare perché ha in sé un elemento che è esclusivo di questo lavoro: il confronto con la giovinezza che è uno dei temi cruciali del processo educativo. Questo è ancora più evidente nelle scuole medie e superiori perché gli studenti sono già in possesso di strumenti formidabili per maneggiare le nuove tecnologie, i nuovi stili musicali, le forme di street-art e quant’altro e gli insegnanti spesso sono a malapena in grado di accendere un PC. La questione, per riassumerla, si pone grosso modo in questi termini: siamo attrezzati ad affrontare la modernità dei linguaggi e della sintassi giovanile senza abdicare ai contenuti di un sapere universale? Cioè possiamo tenere insieme il rap e Dante? Il fenomeno della dispersione scolastica sta assumendo dimensioni drammatiche ed evidenzia tra l’altro una divisione tra Nord e Sud assolutamente da emergenza. I dati più aggiornati sono del 2010 e parlano di un dato nazionale del 20% con punte in Sardegna e Sicilia del 35/39%. In dati assoluti sono numeri che sgomentano, si tratta di circa 195.00 ragazzi che dopo vari fallimenti abbandonano definitivamente la scuola e qualunque forma di percorso formativo.
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Le due questioni, cioè la lontananza degli adulti dai mondi giovanili e l’abbandono scolastico, non sono scollegate, a questo si deve aggiungere la difficoltà nel rapporto con le famiglie, che sono cambiate per natura, organizzazione e cultura e la frustrazione di fondo che attraversa tutta la società, l’idea cioè che l’istruzione non serve a nulla, le prospettive sono inesistenti e ognuno si deve arrangiare con quello che ha, il corpo le ragazze (non nascondiamocelo, i fenomeni di micro-prostituzione sono in crescita esponenziale) e i ragazzi con la forza del bullo. Si può invertire la rotta? Il gruppo di lavoro su Infanzia e adolescenza di cui faccio parte ha cominciato a fare quello che secondo me è mancato in questi anni: l’elaborazione di un modello educativo che promuova il rispetto reciproco, la nonviolenza, il protagonismo positivo dei ragazzi, la loro partecipazione ai processi democratici e decisionali nella scuola. È poco? Io invece penso che sia tutto qui. A condizione di non avere fretta.
info: sassari@arci.it
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