mercoledì 20 ottobre 2010

Parità è Qualità


I piccoli grandi 'segreti' di aziende che investono sulle donne
Elena Ribet
“Più donne in posizioni chiave per favorire la crescita economica e uscire dalla crisi”. Lo afferma la Commissione europea nell’ambito della strategia ‘Europa 2020’. Ma non bastano gli studi economici sul PIL, secondo i quali l’aumento dell’occupazione femminile produrrebbe maggiore ricchezza per tutti. Né è sufficiente la prova provata che una maggioranza femminile nei Consigli d’Amministrazione riduca il rischio di insolvenza. Bisogna capire come si fa. E spiegare alla gente, oltre che alle aziende, perché investire sulla risorsa ‘donna’. Visto che, di fatto, una donna su cinque si trova ‘costretta’ ad abbandonare il lavoro dopo la maternità…
Ma quali sono le competenze che possiamo mettere a disposizione? Sicuramente, responsabilità e concretezza, determinazione nel raggiungimento degli obiettivi, capacità di gestione delle relazioni interne ed esterne e di lavoro in gruppo. E poi la famosa ‘predisposizione’ (indotta dai condizionamenti sociali e familiari?) a gestire più problemi contemporaneamente. Quest’ultima, fra le più preziose e utili caratteristiche manageriali, e non solo.
Ma come si cambia la cultura organizzativa? In Piemonte c’è chi lo sta facendo. “L’esigenza di conoscere e valorizzare le esperienze aziendali private che hanno investito significativamente al femminile nasce dal lavoro di analisi e sistematizzazione dei dati del Rapporto biennale uomo-donna delle Imprese con oltre 100 dipendenti in Piemonte, condotto dall’Osservatorio Regionale Mercato del Lavoro e dall’Ufficio delle Consigliere di Parità con il sostegno della dr.ssa Elena Crotta e dell’esperta di parità Paola Merlino. Sulla scorta del Rapporto le Consigliere di Parità, avv. Alida Vitale e avv. Franca Turco, con la disponibilità delle Parti Sociali, hanno voluto avviare il progetto ‘Aziende che investono sulle donne’: una ricerca ‘sul campo’ […] per valorizzare una nuova ‘cultura d’impresa’”. Così nasce ‘é-quality, viaggio nelle imprese dove la Parità è Qualità’, opuscolo realizzato da Kami Comunicazione.
Ci sono aziende che riescono a fare della conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita non più un miraggio, ma una realtà. Una realtà accessibile a uomini e donne.
Scopriamo insieme i loro piccoli grandi ‘segreti’.
Innanzi tutto, flessibilità. Tempi e luoghi di lavoro si possono trasformare per venire incontro a tutte le esigenze. Dal telelavoro alla gestione elastica dell’orario, dal part-time al job sharing, dai permessi per visite pediatriche ai trasporti aziendali gratuiti per il personale…
Poi, occorre una nuova cultura aziendale. Ad esempio, sono molte le realtà d’impresa che offrono direttamente o in convenzione esterna servizi di cura per figli e anziani o servizi per la gestione del tempo, fornendo supporto alle pratiche burocratiche per la casa, pratiche amministrative o bancarie, servizi di pulizia.
Aziende che guardano al futuro hanno anche adeguato il sistema retributivo, aiutando le famiglie sotto forma di benefit in particolari momenti. Di contro, possono in certi casi ricevere agevolazioni fiscali.
Ma per cambiare davvero, bisogna avere ben chiari tre elementi.
In primo luogo, si deve scardinare la ‘cultura della presenza’; come è spiegato nell’opuscolo, “Più tempo in azienda per le persone non è sempre sinonimo di produttività e di buona organizzazione del lavoro. La miglior resa si calcola, infatti, su tempi inferiori alle 8 ore lavorative e si ottiene ottimizzando il rapporto ore lavorate/risultato”.
In secondo luogo, occorre sottolineare che la maternità non è e non deve rappresentare un ‘problema’, perché è gestibile attraverso l’organizzazione aziendale: “Gestire il lavoro in team favorisce i processi di condivisione e di delega, rende meno traumatica l’assenza di una persona e più facile il suo reingresso al lavoro. L’assenza per maternità è pianificabile e risolvibile. Se ogni postazione di lavoro è presidiata, ad esempio, da un titolare e da un supplente, a tutti i livelli ognuno ha a fianco chi sa fare il suo lavoro e può eventualmente sostituirlo o supportarlo”.
In terzo e ultimo luogo, bisogna dire che la flessibilità non solo produce effetti sull’immagine aziendale, ma contribuisce anche a potenziarne la produttività e l’efficienza. Come? Con la riduzione dei costi aziendali, la diminuzione dell’assenteismo, l’abbattimento del turnover: “Con la conciliazione migliorano anche le performances finanziarie: i tassi di crescita delle aziende e il gradimento degli azionisti sono più consistenti per le aziende virtuose”.



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