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giovedì 15 novembre 2012
FERMIAMOCI A RIFLETTERE SUL DESTINO DELLA NOSTRA SCUOLA
Appare evidente che con l’autonomia funzionale le scuole hanno assunto i caratteri di organizzazioni monocratiche, incentrate sul ruolo e sulle funzioni del dirigente scolastico, che li allontanava sempre più dalla loro natura di comunità professionale; da quella possibilità di scambio di esperienze “tra pari”, che sono proprie delle comunità di apprendimento, ove il sapere dell’uno viene messo a disposizione dell’altro.
Il progetto di legge 953 di riforma degli organi collegiali della scuola dell’on. Aprea, approvato lo scorso 10 ottobre dalla Commissione Cultura della Camera, in sede legislativa, accresce la frattura tra il capo di istituto e il corpo docente, rafforza dunque il loro potere (già enorme): se gli statuti non saranno “illuminati” e non prevederanno un bilanciamento dei poteri, i dirigenti assumeranno gran parte delle competenze fino ad oggi in mano al Collegio docenti e al Consiglio d’Istituto; la legge Brunetta inoltre completerà i poteri per quanto riguarda la gestione del personale.
Ben diversa, dall’autonomia statutaria delineata nel progetto di legge 4121, presentato dai deputati Laratta e Marini, il 25 febbraio 2011, rimasto quasi sconosciuto agli operatori della scuola.
In questo progetto infatti, l’autonomia statutaria è collocata all’interno di una nuova architettura democratica dell’organizzazione scolastica che garantisce ad ogni componente partecipazione e corresponsabilità nelle scelte e nei risultati, con un rinnovato disegno dei poteri gestionali, distinti da quelli di indirizzo, affidati ad un organo collegiale dotato di ampie competenze e con un dirigente scolastico eletto e a tempo che, oltre a possedere un alto profilo culturale e professionale, goda anche di quella autorevolezza necessaria che solo la comunità nella quale opera può riconoscergli.
Inoltre disegna un nuovo profilo professionale dei docenti, non più lasciato al solo scorrere dell’anzianità del servizio ma, per chi lo vorrà, aperto ad una prospettiva di sviluppo professionale, non molto diversa da quella dei docenti universitari e, come per questi, la possibilità per coloro che sono in possesso di uno specifico profilo culturale e professionale, di essere eletti preside di un’istituzione scolastica.
Ciò, non tanto per gratificare una categoria professionale, ormai considerata semplicemente “risorsa”, ma come condizione per operare un effettivo cambiamento di direzione dell’asse dell’organizzazione scolastica, dal versante burocratico e amministrativo a quello di un’efficace gestione del processo di insegnamento-apprendimento, attraverso la valorizzazione del ruolo dei docenti nella gestione di tale processo e nel governo delle istituzioni scolastiche.
Un ritorno della scuola, sul processo di insegnamento-apprendimento, che trova legittimazione nella Carta Costituzionale.
Piera Repici
Roma,16/11/2012
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