sabato 27 agosto 2011

Ma le donne no. Come si vive nel paese più maschilista d'Europa



“La libertà è avere dei diritti – scrive Caterina Soffici – e delle leggi che li tutelano. La libertà è quando puoi reagire al sopruso. Quando puoi farcela camminando sulle tue gambe, senza dover chiedere favori...
inserito da Loredana Massaro
Leggete questo libro. Leggetelo tutto d’un fiato. Lo leggano soprattutto le donne ma lo leggano anche gli uomini. Uno dei concetti che mi ha colpita e che mi vado ripetendo ormai da giorni, è questo: “banalmente persone”. Così scrive la giornalista Caterina Soffici, perché non siamo considerate “persone” ma siamo considerate “donne”, persone solo nell’accezione della differenza di genere. È così che ci considerano gli uomini ma è così che si considerano anche tante donne.

Dal dopoguerra in poi in Italia abbiamo operato una sorta di marcia indietro, l’uguaglianza è solo una bella parola, se le banali persone, di cui prima parlavamo, non sanno che farsene. Ecco l’involuzione dei nostri giorni e un duplice problema: o non abbiamo voluto difendere il principio di uguaglianza per pigrizia, per furbizia, per comodo o, in seconda ipotesi, i poteri forti che reprimono, sono troppo forti per essere sconfitti.

Le donne che oggi si pongono il problema sono viste come delle “passatiste”, un folklore fuori luogo, il Sessantotto è finito, gli anni Settanta sono andati e per chi avesse la buona volontà di pensarci su, c’è un sorriso di compatimento. Salvo poi indignarsi per l’ultimo disumano fatto di cronaca che è accaduto proprio sotto casa nostra. Niente di cui meravigliarsi, una società violenta, che esclude, genera violenza e tocca a noi porre fine al circolo vizioso.

E per iniziare le discriminazioni sui posti di lavoro. Le donne vengono pagate meno degli uomini o impossibilitate ad accedere ai ruoli di dirigenza. Qualcuna ce l’ha fatta. Lilly Ledbetter è una donna che da sola, è riuscita a vincere una causa contro una delle multinazionali più potenti d’America, è fautrice di una legge contro le discriminazioni sul lavoro, la prima legge firmata tra orgoglio e commozione dal presidente degli Stati Uniti, Obama Barack, il 29 gennaio 2009, a ridosso del mandato presidenziale. I due si abbracciano e scendono le lacrime alle dieci e mezza di un freddo mattino a Washington. Un coraggio e una forza morale tali da vincere un colosso come la Goodyear.

In tema di diritto del lavoro, il divario che emerge tra la giurisprudenza italiana e quella emanata dai parlamenti di paesi europei a noi tanto vicini, lascia davvero sbalorditi. Fantascienza e medioevo convivono a pochi chilometri di distanza, separati da una fitta rete di leggi e sostegni economici che proteggono le donne sul lavoro: leggi contro il mobbing, contro la discriminazione delle madri, leggi sul part-time, periodo di aspettativa fino a tre anni per le neomamme, congedo per paternità fino a dodici mesi, assegni familiari “veri”, garanzia dell’80% o del 100% della busta paga nei periodi di malattia del figlio, defiscalizzazione sul lavoro di colf e baby-sitter, la certezza di un posto all’asilo nido, sussidi pubblici a sostegno della natalità, promozioni e avanzamenti di carriera comunicati addirittura durante la maternità.

Intanto in Italia quella che la ministra Stefania Prestigiacomo ha cercato di far passare in Parlamento fino alle lacrime, è la legge sulle quote rosa, le votano contro e la legge non passa. Sarebbe potuta essere una insperata opportunità per le donne italiane e invece finisce con la bocciatura e l’elargizione dei sorrisi di Berlusconi a destra e a manca dell’aula parlamentare a significare “faremo come se…” e il pianto della Pdl Prestigiacomo che degli anni Settanta, ahimé, non ha davvero nulla. E correlato, il velinismo e la prostituzione che conquista seggi nel parlamento italiano, seggi nel parlamento europeo, conquista ministeri. Così se il parlamento non approva le leggi sulle quote rosa, riserva a donne posti (pochi!) in parlamento, ossia li riserva a donne che elargiscono i loro favori agli uomini politici italiani. Qui forse qualcuno reagisce al torpore generale, non fosse altro per quel retaggio cattolico e un po’ bigotto che ogni italiano e italiana si trascina dietro da sempre.

Infine la pubblicità e i mass media, la dittatura della bellezza e della giovinezza, il corpo delle donne usato come oggetto per vendere oggetti sessuati, per esempio abiti indecenti, che spingono a vestirci in modo altrettanto indecente. Le immagini pubblicitarie che le multinazionali diffondono a valanga nel nostro paese e che, in assenza di divieti legislativi e regolamentazioni, operano una coercizione e una violenza morale che in altri paesi dell’Unione europea, non è permessa in quanto offensiva della dignità delle persone. Comprovati studi scientifici sulla mente umana, hanno constatato che se un messaggio arriva martellante sulla corteccia cerebrale, uomini e donne saranno portati a ritenere le false credenze come vere e quindi a farle proprie. È così che successe con la propaganda nazista contro gli ebrei.

(4 agosto 2011)

di Loredana Massaro