Non è un paese per donne "Il nostro paese sottolinea a parole il valore della famiglia, ma non fa granchè per sostenerlo effettivamente..."
lunedì 22 novembre 2010
Il futuro possibile..facciamo posto all'eccellenza femminile.
Il futuro possibile
Facciamo posto a un riconoscimento fattuale dell’eccellenza femminile
Catia Iori
Stiamo vivendo tempi di assoluta incertezza in cui i cambiamenti sono inevitabili ma meno certi sono i percorsi di uscita.
Condivido l’analisi di Giancarla Codrignani che afferma strisciare sotto di noi la consapevolezza tutta positiva di molti diritti che si sono affermati almeno giuridicamente, di tanta ricerca scientifica, della ricchezza della comunicazione e delle nuove tecnologie.
Epperò con altrettanta sensibilità percepiamo quanta violenza, palese e sotterranea che si annida sotto le nostre vite, una persistente e ammorbante ostilità che inquina la convivenza civile e socialmente l’intera democrazia.
Se il linguaggio politico si esprime ormai solo nella rissa volgare, i rapporti familiari ammettono offese, percosse, stupri, pedofilia, uccisioni.
Sembra arrivata la fine di un’era in cui le donne debbono se lo vogliono davvero superare il vecchio mito dell’uguaglianza e riprender in mano le sorti del pianeta, e del paese e della propria casa.
Basta parlare di parità e facciamo posto a un riconoscimento fattuale dell’eccellenza femminile. Dico eccellenza e non arrogante superiorità che sennò si ricomincia da capo. Penso soprattutto al rapporto col potere e col denaro che sono i suoi mezzi principali.
Gran parte di noi donne non li mette davanti agli affetti e all’amore.
Anche qui non mi pronuncio sulla natura di questa eccellenza, mi limito a constatarla. E credo che un poco debba finire quel clima di vittimismo quasi di alibi per cui alle donne tocca l’umiliazione dell’ingiustizia: beninteso può esser vero ma non se ne esce più. C’è un bisogno identitario maschile di superiorità, non più confessabile ma tenace. C’è per le donne la rendita del vittimismo. C’è una politica paternalistica che non cambia mai. In questo pantano mi incoraggia sapere che il prossimo premio Nobel si propone per le donne africane. Nobel Peace Prize for African Women è il nome della campagna. Ebbene in questa singolare proposta si affaccia una verità vicina ad essere detta, quella di un’eccellenza femminile che ha contribuito fin qui a difendere la vita sulla Terra e della Terra. Che si tratti dell’Africa nera è ancor più significativo perché qui - dice Luisa Muraro - si sono trovati i primi resti della prima donna, Lucy, da cui discenderebbe l’intera umanità.
(22 novembre 2010)
lunedì 8 novembre 2010
Donna? Il lavoro non c’è!
Donna? Il lavoro non c’è!
di Paola Calorenne
In Italia sono circa 7 milioni le donne escluse dal mercato del lavoro.
Secondo l’ultima rilevazione ISTAT (agosto 2010) il tasso di inattività femminile ha raggiunto il 49,2% (0,2% in più rispetto a luglio e 0,4% in più rispetto ad agosto 2009).
Quasi una donna su due, tra i 15 e i 64 anni, non ha un lavoro o ha smesso di cercarlo; la ricerca evidenzia inoltre che i numeri più allarmanti quelli sono relativi al Meridione.
L’ISTAT in una nota commenta i dati rilevati, affermando che il fenomeno principale è il deterioramento del mercato del lavoro.
Rispetto agli obiettivi di Lisbona del 2000 l’Italia è indietro, la percentuale di occupazione femminile è del 46,3%, lontana dal 60% che si sarebbe dovuto raggiungere al termine del 2010.
Da questi dati emerge una disparità di trattamento tra uomini e donne nell’accesso al mercato del lavoro. Ma quanto ci costa la mancata parità?
Il Professor Maurizio Ferrera, professore ordinario di Scienza Politica presso l’Università degli Studi di Milano, esperto di welfare e autore di “Il fattore D – Perché il lavoro delle donne farà crescere l’Italia” spiega che 100 donne occupate in più, non solo non rubano spazio agli uomini ma creano un indotto valutabile in un incremento dei posti di lavoro pari al 15%, facendo lievitare così l’occupazione e conseguentemente i consumi, questo perché le donne, per lavorare, hanno bisogno di maggiori servizi, in particolare di quelli dedicati a infanzia e anziani.
Investire sul lavoro femminile significa maggiore ricchezza: per ogni 100.000 donne lavoratrici si ha una variazione positiva del prodotto interno lordo pari allo 0,28%.
I dati di oggi non sono incoraggianti. In Italia sette milioni di donne sono fuori dal mercato del lavoro, ma anche le lavoratrici purtroppo vivono sotto un “tetto di cristallo” che non consente loro di fare carriera.
Questi numeri non sono solo lo specchio di una mancata parità di genere ma anche di un’assenza di lungimiranza poiché, in un tempo caratterizzato dalla crisi economica, l’emancipazione femminile nel mondo del lavoro garantirebbe produttività e crescita.
Uno strumento utile al raggiungimento di questo scopo potrebbe essere quello di prevedere misure di finanziamento per incentivare le aziende ad assumere donne.
In tal senso si è mosso concretamente il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che ha varato, lo scorso 9 giugno, il “Programma Obiettivo 2010”.
Il progetto ha come fine ultimo l’incremento e la qualificazione dell’occupazione femminile, il superamento delle disparità salariali e di quelle relative ai percorsi di carriera, la creazione, lo sviluppo e il consolidamento di imprese femminili e la creazione di progetti integrati di rete.
I soggetti finanziabili sono i datori di lavoro pubblici e privati, le cooperative e i loro consorzi, i centri di formazione professionale accreditati, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali, le associazioni. I progetti dovranno essere presentati entro il 30 novembre 2010.
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